DENUNCIA ALLA
COMMISSIONE EUROPEA
1. Cognome e nome del denunciante: ***
2. Rappresentato da: Avv Carlo Villari; Avv Bernard Catapano; Avv. Angelo Oliverio Avv. Maria
Giovanna Villari
3. Cittadinanza: Italiana
4. Indirizzo o sede sociale: via
Fiorelli n. 14 – 80121 – Napoli - Italia
5. Telefono/postaelettronica:0039 081665870/
6. Settore e sede di attività: settore legale-immobiliare
7. Stato membro o organismo pubblico che,
secondo il denunciante, non ha ottemperato al diritto comunitario: Italia: Governo Repubblica Italiana e
Agenzia delle Entrate
8. Descrizione circostanziata dei fatti contestati:
In data il Sig. *** ha acquistato un
immobile di ** mq. a Parigi in *** per €. *** (centonovantaseimila/00).
L'immobile, poiché bene reale situato in territorio francese, è sottoposto al
regime di tassazione nazionale francese cioè alla taxe fonciere e alla taxe
d’habitation.
Con Decreto Legge 6 dicembre 2011 n.
201 e successive modifiche e integrazioni, c.d. decreto “Salva Italia”, il
governo tecnico Monti, ha istituito “l'IVIE”,
l’IMPOSTA SUL VALORE DEGLI IMMOBILI ALL’ESTERO, pari allo 0,76% del valore catastale dell’immobile detenuto dal cittadino
italiano all’estero.
L'imposta, per come è stata concepita,
é stata da subito oggetto di numerose doglianze che ne hanno causato correttivi
e interpretazioni restando ostico il metodo di calcolo oltre che palesemente
fonte di disparità di trattamento tra Stati Membri.
La norma si presenta infatti illegittima
e ingiusta sia per l'assurdità della doppia ed esosa tassazione di un immobile sito
all’estero, e di per sé già tassato nel paese in cui è situato, sia per i
criteri di calcolo necessari per individuarne l’importo, dovendosi calcolare con
criteri italiani nei diversi stati europei, i cui immobili sono spesso privi di
riferimenti catastali omologhi a quelli nostrani. Anche il residuale criterio
di riferimento del costo di acquisto dell’immobile è “ictu oculi”
sproporzionato per i proprietari che hanno acquistato in tempi recenti a valori
alti, rispetto a coloro che hanno acquistato l’immobile in tempi più remoti, a
valori ormai irrisori. Ed ancora più discutibile il criterio di esenzione
previsto per coloro che lavorano nella comunità europea.
Con tutte le difficoltà e incertezze e
alla ricerca di unicità di calcolo di valori catastali di immobili europei e
per superare i sovraesposti ostacoli, il sig. *** é ricorso alla “***”, società di consulenza
immobiliare francese, che ha definito con propri criteri un valore di
riferimento ai fini dell'imposta, addivenendo presuntivamente al valore catastale
dell’immobile.
Lo studio commissionato ha avuto un
costo, richiesto in maniera forfettaria e senza considerare la irrisoria quadratura
dell’immobile acquistato nel 2011, e ha decretato l'Ivie risultata molto superiore alla taxe fonciere francese.
In Francia infatti la taxe fonciere ammonta a complessive €. 223,
mentre l'immobile del sig. *** ai fini Ivie
è stato valutato dalla società di consulenza “***” come avente il valore
catastale di €. *** di talchè la imposta è risultata pari ad €. ***, oltre il
doppio dell’imposta francese.
Inoltre vi sono stati complessivi
esborsi di €.2.000 (duemila/00), e cioè più dell’1 % del valore di mercato
dell’immobile considerati incarichi professionali, spese di viaggio, telefoniche
et similia per contattare studi e professionisti del settore.
In conclusione il valore impositivo
della Ivie è abnorme ed evidenzia
l’illegittimità di un raddoppio di imposta in ambito tuttora europeo.
Soprattutto l'imposta analizzata nella
sua portata, e come é stata introdotta, è lesiva delle norme istitutive del
trattato della Comunità Europea, per i seguenti articolati
MOTIVI
1° MOTIVO:
violazione e falsa applicazione dell’ART. 63 TFUE: libera circolazione dei
capitali.
Ai sensi del 1° comma dell’art. 63 del
trattato di Lisbona: “Nell’ambito delle
disposizioni previste dal presente capo sono vietate tutte le restrizioni ai
movimenti di capitali tra Stati Membri e paesi terzi….”
La previsione normativa contenuta
nell’articolo 19, commi da 13 a 23, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e
successive modificazioni, appare essere lesiva di una delle quattro libertà
fondamentali su cui si fonda l’Unione europea, vale a dire la libertà di
circolazione dei capitali all’interno del territorio dell’Unione. La norma,
infatti, impedisce o limita fortemente la libertà del cittadino italiano
(quindi europeo) di acquistare nel settore immobiliare di altri Paesi
dell’Unione data la concomitanza di una (legittima) tassazione immobiliare del
Paese d’investimento con quella (illegittima) dello Stato Italiano. Gli Stati
Membri sono deputati a gradatamente sopprimere le restrizioni dirette o
indirette alla libera circolazione dei capitali appartenenti a persone
residenti negli stati membri; e ad impedire discriminazioni di trattamento
fondate sulla nazionalità nonché, secondo criteri tipici delle discipline
valutarie- sulla residenza delle parti e sul luogo di collocamento dei
capitali "nella misura necessaria al buon funzionamento del mercato unico"
adoperandosi una certa prudenza (cfr. CG 11-11-81, C-203/80). E sotto questo
profilo e ai fini della valutazione della legittimitá dell' Ivie, si deve constatare che il
trasferimento di capitali all'estero é spesso tutt'altro che il frutto di
proventi illeciti quanto soprattutto reinvestimento di redditi professionali
che vengono importati per ragioni contingenti di vita.
***
2° MOTIVO:
violazione dell’ART 293 TCE: eliminazione
della doppia imposizione. e
convenzione Italia Francia del 5/10/1989
Ai sensi del vecchio art. 293 TCE (ora
abrogato): “Gli Stati membri avvieranno fra loro, per quanto occorra, negoziati
intesi a garantire, a favore dei loro cittadini:
• la tutela delle persone, come pure il
godimento e la tutela dei diritti alle condizioni accordate da ciascuno Stato
ai propri cittadini;
• l'eliminazione della doppia imposizione
fiscale all'interno della Comunità, ……”.
Tuttavia, in seguito al trattato di
Lisbona l’art 293 è stato abrogato in quanto sostituito, di fatto, da accordi
conclusi tra gli Stati Membri per eliminare la doppia imposizione fiscale
(chiamati in dottrina “convenzioni comunitarie”). Tali accordi, elaborati su
iniziativa della Commissione e del Consiglio e ratificati dagli Stati Membri,
possono considerarsi fonti complementari del diritto dell'Unione, dal momento che
le materie oggetto di tali convenzioni sono strettamente collegate agli
obiettivi dell'UE.
In applicazione dell’art. 293 del
Trattato CE, tutti gli Stati Membri hanno adottato la Convenzione del 23 luglio
1990 n.436 sull’eliminazione delle doppie imposizioni (ratificata dall'Italia
con legge 22 marzo 1993, n. 99).
Inoltre, accanto a tale Convenzione
arbitrale stipulata a livello UE, proprio le repubbliche di Italia e Francia
hanno altresì stipulato la Convenzione bilaterale del 5 ottobre 1989
(ratificata dall’Italia con legge 7 gennaio 1992, n. 20) ed entrata in vigore
il 1° maggio 1992, destinata ad evitare il fenomeno della doppia imposizione
fiscale.
A tale scopo, nella consapevolezza che
la materia fiscalità è di competenza dei governi nazionali e non dell’UE cui
spetta il compito di verificare la coerenza dei provvedimenti legislativi
nazionali con le norme europee, si vuole citare il primo comma dell’art. 6 di
detta Convenzione: “I redditi derivanti
da beni immobili, compresi i redditi delle attività agricole o forestali, sono
imponibili nello Stato in cui detti beni sono situati….”; ed ancora, l’art.
23, comma 1: “Il patrimonio costituito da
beni immobili, specificati all'articolo 6, posseduti da un residente di uno
Stato contraente e situati nell'altro Stato contraente, è imponibile in detto
altro Stato….”.
Da ultimo, si ricorda la comunicazione
della Commissione Europea [COM (2006)
823 def.] con cui la Commissione intende avanzare delle iniziative per
promuovere il coordinamento dei sistemi di imposizione diretta degli Stati Membri
per eliminare ostacoli fiscali quali, ad esempio, la doppia imposizione. Nella
stessa introduzione della comunicazione, la Commissione, dopo aver rilevato che
il problema della doppia imposizione costituisce un disincentivo agli
investimenti transfrontalieri, rileva che una soluzione soltanto parziale viene
fornita dalle misure prese dagli Stati Membri a livello unilaterale o nelle
convenzioni fiscali bilaterali vigenti tra loro (ma, in tal caso, disattese).
***
3° MOTIVO:
violazione dell’ART. 4 TUE: obbligo di leale cooperazione
Ai sensi del comma terzo dell’art. 4
TUE:
“…..In
virtù del principio di leale cooperazione, l'Unione e gli Stati membri si
rispettano e si assistono reciprocamente nell'adempimento dei compiti derivanti
dai trattati.
Gli
Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad
assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti
agli atti delle istituzioni dell'Unione.
Gli
Stati membri facilitano all'Unione l'adempimento dei suoi compiti e si
astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la
realizzazione degli obiettivi dell'Unione”.
Alla luce di tale norma, si ritiene
violato questo principio generale dell’Unione nella misura in cui la legge
214/2011 istitutiva dell’ Ivie mina la realizzazione di uno degli obiettivi
dell’Unione quale è quello della realizzazione di un mercato interno in cui sia
garantita la libera circolazione dei capitali.
***
4° MOTIVO:
violazione dell’ART. 9 TUE: principio di uguaglianza.
Ai sensi dell’art. 9 TUE: “L'Unione rispetta, in tutte le sue attività,
il principio dell'uguaglianza dei cittadini, che beneficiano di uguale attenzione
da parte delle sue istituzioni, organi e organismi. È cittadino dell'Unione
chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell'Unione
si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce”.
Si ritiene quindi che la legge 214/2011
istitutiva dell’ Ivie violi il principio di uguaglianza e quello di
non discriminazione in quanto applica misure differenti a situazioni
equivalenti, tassando gli immobili in Italia sulla base del valore catastale
degli stessi, mentre gli immobili situati all’estero sono tassati sulla base
del valore d’acquisto degli stessi che, se frutto di rogiti lontani nel tempo,
risultano essere di gran lunga sottovalutati rispetto al loro valore attuale.
***
8. Se possibile, menzionare le norme del diritto comunitario
(trattati, regolamenti, direttive, decisioni ecc.) che secondo il denunciante lo
stato membro ha violato:
La legge 214/2011 istitutiva dell’ Ivie viola:
· Art. 63 TFUE: libera circolazione dei capitali;
· Art. 293 TUE: eliminazione della doppia imposizione fiscale
· Art. 4 TCE: obbligo leale collaborazione
· Art. 9,18,19 TUE: principio di eguaglianza e principi di non
discriminazione.
* * *
14. Si indicano qui di seguito e si allegano documenti
giustificativi ed elementi probanti a sostegno della denuncia, comprese le
disposizioni nazionali pertinenti:
Ø Decreto legge 201 del 6/12/2012
convertito in Legge n 214 del 22/12/2011;
Ø Disposizioni di attuazione dei commi da
6 a 22 dell’ art.19 decreto legge n. 201 del 6/12/2012 convertito dalla legge
214 del 22/12/2012 Agenzia delle Entrate del giugno 2012;
Ø Convenzione tra il Governo della
Repubblica Italiana ed il Governo della Repubblica Francese per evitare le
doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e patrimonio per prevenire
l’ evasione e le frodi fiscali con protocollo e scambio di lettere, fatta a
Venezia il 5/ 10/1989;
Ø comunicazione della Commissione Europea
[COM (2006) 823 def.]
Ø Bollettino della taxe fonciere recapitato dal Governo francese ***.
* * *
15. Riservatezza (apporre una crocetta su una delle due caselle
dell’opzione):
•
“Autorizzo la Commissione a indicare la mia
identità nei Suoi contatti con le autorità dello Stato membro contro il quale è
presentata la denuncia.”
16. Luogo, data e firma del denunciante/del
rappresentante:
Napoli 1.10.2012 Avv.
Bernard Catapano
Dott. Proc. Angelo Oliverio
Avv. Carlo Villari
Avv. Maria Giovanna Villari