martedì 7 febbraio 2012

Contrastare legalmente l'IVIE

GLI IMMOBILI ALL’ESTERO, Il D.L. 201. 6 dicembre 2011, c.d. decreto “Salva Italia”.

1)    In cosa consiste la norma
Il D.L. 201. 6 dicembre 2011, c.d. decreto salva Italia, ha introdotto dal 2011 un’imposta erariale (imposta che, prodotta su beni esistenti nel territorio nazionale, deve essere versata allo Stato) che dovranno corrispondere le persone fisiche residenti in Italia che possiedono immobili situati all’estero. L’imposta è pari allo 0,76% da applicare al valore degli immobili, con riferimento all’atto di acquisto o, in mancanza, al valore di mercato della zona in cui è situato l’immobile.La norma è iniqua e va avversata sul piano giuridico ricorrendo, se possibile, all’autorità giudiziaria nelle forme più congeniali.
Per fare ciò abbiamo ripercorso i punti clou della materia rinvenendo i principi cardine che riguardano le imposte erariali e i rapporti con gli stati europei o esteri.


2)    Convenzioni tra stati.
L’Italia ha firmato diverse convenzioni con stati, anche europei, subito recepite in legge, che regolano il più generale principio del divieto della doppia tassazione. A titolo di esempio riportiamo la convenzione con la Francia del 5 OTTOBRE 1989 di cui al link  http://www.fiscooggi.it/files/immagini_articoli/fnmold/francia-it.pdf

La Convenzione si applica alle imposte sul reddito e sul patrimonio prelevate per conto di uno Stato, delle sue suddivisioni politiche o amministrative o dei suoi enti locali (per quanto riguarda l'Italia) o dei suoi enti territoriali (per quanto riguarda la Francia), qualunque sia il sistema di prelevamento, onde evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire l'evasione e la frode fiscali.

Basterebbe solo il richiamo a questa convenzione, recepita nella L. 7 gennaio 1992, n. 20, per intuire che la norma si presta a critiche e impugnazioni che esaminiamo più diffusamente qui di seguito.

3)    Quali sono le falle e le iniquità
Partendo dall’art 23 Costituzione ricordiamo che nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge, e teniamo conto che L’Italia con convenzioni convertite in legge, ha regolato i rapporti  con stati europei per evitare tassazioni di uno stesso bene in due paesi: quello dove ad esempio si trova un immobile e quello di residenza del proprietario.

L’approssimazione della norma sulla imposta erariale introdotta, per non dire grossolanità, è quello di immaginare che il nostro stato abbia introdotto una sorta di ICI all’estero e che lo stesso con il suo apparato possa fare i calcoli avanzati ipotizzati nel d.l. 201/2011, con riferimento ai valori da attribuire agli immobili di un altro paese. Serenamente: chi è capace di fare simili calcoli?

La seconda e ancor più grave iniquità risiede nel fatto che se la ricchezza (anche intesa come incremento del PIL nazionale del paese nel quale si è acquistato l’immobile) è prodotta appunto fuori del territorio nazionale, perché deve corrispondersi all’Italia questa imposta? Tanto è in contrasto con il fatto che le imposte erariali sono imposte che riguardano solo ricchezze prodottesi nel territorio nazionale.

Ma vi è di più. Se le somme che investo all’estero sono il prodotto del mio lavoro, di un disinvestimento di altro immobile, o altro, e va da sé che lo stato italiano mi ha già tassato nelle sue forme di legge, dunque non può richiedere una ulteriore imposta che non sia quella già percepita per le voci anzidette.

L’accanimento sulle questioni patrimoniale ancora una volta è evidente. Si tassano gli immobili esistenti all’estero, mentre certamente non si tassano i redditi di lavoro prodotti all’estero. Chi li valuterebbe e come ? Con il nostro personale ?

4)    Gli strumenti e le modalità per contrastare la norma.
Studiamo le diverse strade per ricorrere all’A.G. per contrastare questa imposta iniqua.
Una prima iniziativa potrebbe essere quella di utilizzare il c.d. atto di interpello del contribuente ex art 11 l. 27 luglio 2000 n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente) può richiedersi all’amministrazione finanziaria (agenzia delle entrate)  “Ciascun contribuente può inoltrare per iscritto all’amministrazione finanziaria, che risponde entro centoventi giorni, circostanziate e specifiche istanze di interpello concernenti l’applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni stesse…”.

Altro ricorso giurisdizionale appropriato è sicuramente quello alla Commissione Tributaria quando si sia stati oggetti di un avviso di accertamento.

Dobbiamo ritenere invece non perseguibile la strada della Class Action ordinaria (art 140 bis del Codice del Consumo D. Lgs. 6/9/2005 n. 206, aggiornato con D.L. 70/2011), essendo a tutela di azioni collettive esperibile solo nei confronti “di una stessa impresa”, con il suo imprescindibile riferimento ad una impresa.

Potremmo semmai ipotizzare la Class Acion nei confronti della P.A., forzando il dato normativo della legge 4 marzo 2009, n. 15 (c.d. legge Brunetta) pubblicata in Gazzetta Ufficiale 5 marzo 2009, n. 53 che prevede appunto una Class Action nei confronti della P.A.
Agli esperti di diritto Costituzionale che vorranno precisare che il governo è un organo costituzionale e come tale non può essere considerato P.A. strictu sensu, rispondiamo auspicando, come vuole la stessa legge 5 marzo 2009 n. 53, che questo tipo di azione avrebbe per scopo quello di sensibilizzare l’opinione pubblica su una disposizione che provoca disparità di trattamento tra contribuenti a fini tributari, violando anche l’art. 3 Costituzione, immaginando finanche un ricorso alla Suprema Corte considerate le disparità di trattamento con abitanti di frontiera.

5)    Osservazioni.
Il decreto “sal   va Italia” è uno dei primi con i quali si è cimentato il bocconiano Monti con la sua equipe fatta di studiosi figli di papà e di mammà con prole accreditata. Ma ce lo immaginiamo come i funzionari italiani sapranno gestire questioni erariali delle centinaia di paesi che esistono nel mondo? Con le loro lingue, usi, costumi, valore di mercato delle zone. Ma che buffonate.

Un decreto che è già un'imbecillità nel nome, decreto “salva Italia”. Logica vuole che chi risiede in Italia paghi per gli usi di quanto utilizza e consuma in Italia. Senza duplicazioni di quanto paghi nel paese dove sono situati gli immobili.

Le tasse italiane sugli immobili infatti si pagano nel comune in cui si trova l’immobile, sia se ivi residenti, per es. a Ischia o per caso ad Abbiategrasso, sia se residenti altrove. E cioè dove si produce la ricchezza. Buon senso vuole che l’immobile all’estero non può pagare essere assoggettato ad una imposta che vada in altre casse che non siano quelle del paese in cui l’immobile è sito. Altrimenti che  senso hanno le convenzioni internazionali ?

6)    Analogie poco rassicuranti e conclusioni.
Il sistema, molto marxista, ricorda gli ebrei che emigravano dall’URSS costretti a pagare una tassa per l’espatrio in Israele. Vergogna per l’URRS. Ma vergogna anche per l’Italia, per il caso erariale in oggetto.

In conclusione l’iter da seguire potrà essere il seguente: 1) atto di interpello; 2) Class Action contro P.A. (soluzione un po’ forzata); 3) normali rimedi per far fronte agli avvisi di accertamento che dovrebbero pervenire.

9.2.2012  Avv. Maria Giovanna Villari avvocato in Napoli

11 commenti:

  1. Ho trovato molto interessante la tua analisi, veramente ben fatta.
    Mi chiedevo una cosa però, se ho capito bene a questo punto dovremmo andare ognuno per conto proprio, il che vuol dire ovviamente appoggiarsi ad un commercialista ed un tuo collega avvocato e questo a mio avviso porterebbe inevitabilmente ad uno indebolimento della nostra azione, non ci sono altre vie per poter agire in comune?
    Ovviamente supportando l'azione anche con i dovuti mezzi, anche perchè ritengo improbabile che un singolo possa arrivare alla Corte Europea od altre istituzioni, si rischierebbe di entrare singolarmente in conflitto con il fisco con risultati molto incerti per un solo soggetto.
    Grazie
    Duilio

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    1. salve, sono pienamente d'accordo con Le, procedere singolarmente non garantisce nulla e si rischierebbe parecchio. Io vorrei tanto aderire a questa iniziativa visto che sono direttamente interessata al caso in quanto sono proprietaria di un appartamento a Londra..Dove potrei prendere altre info in merito a questo gruppo, se ancora esiste???
      Grazie,
      Antonella.

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  2. Offro un elemento di riflessione. Questa ISIE è una patrimoniale (nella recente manovra economica è il solo caso in cui la parola "patrimoniale" viene scritta esplicitamente),ma una patrimoniale iniqua in quanto viene fatta pagare a tutti , indipendentemente dal valore complessivo del patrimonio posseduto. Per dare una idea a chi non ne sa bene di patrimoniali, segnalo che in Francia, l'imposta sul patrimonio (impot de solidariété sur la fortune) viene fatta pagare a chi possiede un patrimonio di valore complessivo superiore ai 1.300.000 euro! Nel nostro caso, invece, basta possedere un appartamento del valore di 150.000 euro per essere assoggettati all'imposta sul patrimonio (l'appartamento all'estero potrebbe essere l'unico bene posseduto). Capisco bene, come disse Monti all'inizio del suo mandato, che introdurre una patrimoniale complessiva avrebbe richiesto almeno due anni (è una cosa di notevole complessità tecnica), ma in questo modo si rischia veramente di finire davanti alla Corte Costituzionale!

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  3. preliminarmente osserviamo che nessun peso può avere voler conoscere l'anno di acquisto all'estero di un immobile non esistendoci alcuna violazione che possa portare alla retroattività. in mancanza di una legge ognuno era libero di acquistare un immobile o di spendere il suo denaro magari in feste e festini. questi non verebbero penalizzati mentre si penalizza l'accorto e previdente risparmiatore. questo è marxismo redivivo

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  4. è giusto porsi il problema di come affrontare una questione comune, ma non è tempo sprecato approfondire i contenuti della questione alla luce del diritto preesistente e di quello in fieri. in mancanza di un accordo comune si inizieranno anche azioni singole che nel corso del tempo potrebbero essere coordinate ma che certo si avvantaggiano degli studi che già si stanno facendo a livello di singoli.

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  5. per concludere cominciamo con raccogliere materiale presso questo blog esistente.
    posso predisporre nei prossimi giorni un modello di atto di interpello che a seguito di riposte entro ad esempio due mesi verrà riproposto in forma definitiva tenendo conto delle osservazioni pervenuti

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    1. salve, sono pienamente d'accordo con Lei, procedere singolarmente non garantisce nulla e si rischierebbe parecchio. Io vorrei tanto aderire a questa iniziativa visto che sono direttamente interessata al caso in quanto sono proprietaria di un appartamento a Londra..Dove potrei prendere altre info in merito a questo gruppo, se ancora esiste???
      Grazie,
      Antonella.

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  6. Come bisogna compilare l'atto di interpello?
    Grazie, Marco

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    1. Molto utile è stata la lettura della convenzione Francia-Italia dell'89, ratificata nel 1992. Francia a parte, la doppia imposizione è comunque una contraddizione in termini, tanto meno comprensibile e accettabile in un paese della CEE. Sono anch'io dell'opinione che purtroppo delle azioni singole possono raramente avere un esito positivo. Ma, come Marco, chiedo quali siano le modalità di compilazione dell'atto di interpello. Meglio tentare, direi. Ma, all'interno del ministero dell'economia, nessuno ha notato questa 'stortura'? Nessuno ha pensato che vi sarebbero stati ricorsi?

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    2. salve, sono pienamente d'accordo con Lei, procedere singolarmente non garantisce nulla e si rischierebbe parecchio. Io vorrei tanto aderire a questa iniziativa visto che sono direttamente interessata al caso in quanto sono proprietaria di un appartamento a Londra..Dove potrei prendere altre info in merito a questo gruppo, se ancora esiste???
      Grazie,
      Antonella.

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  7. Buon giorno, io ho un appartamento a in Francia che abito al momento per poco meno di 6 mesi l'anno e a quello Stato pago quanto dovuto (è la stessa Agence des Impotes che mimanda ogni anno il prospetto con i conteggi). Sono cittadino italiano e in Italia ho la residenza fiscale ma vorrei evitare di pagare in Italia la differenza tra quanto valutato (valutazione arbritraria non essendoci parametri certi e obiettivi nella IVIE) dal Fisco italiano e quanto dallo stesso presunto e voluto relativo ai calcoli francesi. Ci sono stati sviluppi all'iniziativa? Dove posso trovare il modulo di interpello? Qualcuno ha gia intrapreso iniziative legali contro la PA italiana e con quale risultato? Grazie, Sebastiano

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